CENNI SUGLI INGREDIENTI


Girovagando tra i blog mi capita di imbattermi in cibi e ingredienti mai sentiti,  ho pensato di farne una lista.

Ho deciso di creare una sorta di elenco contenente quei prodotti che fino a quel momento, mi erano sconosciuti. Un elenco di ingredienti scoperti per caso, leggendo riviste, libri, o meglio ancora, girovagando per i blog.

Fornirò per ognuno le informazioni necessarie per capire di cosa si tratta e non mancherò di citare la fonte che mi ha permesso di allargare le mie conoscenze e  magari, anche le vostre.

L'idea è nata leggendo la ricetta di Pippi. Quando ho letto che nel suo Tortino di mele, Camembert e noci, è previsto l'utilizzo del Limburgse Stroop, mi sono sentita ignorante e nonostante siano anni che assecondo, attraverso corsi e letture, la mia forte passione per la cucina, mi sono resa conto di quante cose ancora non conosco.

Così, sperando possa essere di aiuto anche a voi, oggi nasce Those unknown ingredients


Limburgse Stroop: o Sciroppo di Limburbo, è presidio Slow Food dei Paesi Bassi, per la precisione della zona meriodionale della regione del Limburgo (anche se la sua diffusione oramai ha oltrepassato i confini del Belgio e della Germania). Anticamente lo sciroppo era usato per conservare la frutta ma per la sua consistenza, simile ad una confettura, veniva altresì gustato spalmato sulle fette di pane. Secondo la ricetta tradizionale, dev'essere costituito da un 60% di pere e da un 40% esclusivamente raccolte nella regione del Limburgo e dalle vecchie varietà di piante. La cottura della frutta va fatta in un paiolo di rame a diretto contatto con la fiamma e prevede tempi non inferiori alle 4 o 6 ore, successivamente si dovrà filtrare il succo che nello stesso paiolo, verrà fatto bollire fino a 15 ore o comunque fino alla giusta densità.

Foto: http://maastricht.dichtbij.nl

Limburgse Stroop


Tamarindo: quest'albero, originario dell'Africa orientale, oggi si trova con estrema facilità anche in alcuni paesi dell'Asia meridionale e in America Latina. E' un albero molto resistente che in condizioni favorevoli raggiunge anche i 30 metri di altezza e i 10 di larghezza (non ricordo dove ma da qualche parte ho letto che l'albero più grande del mondo è proprio un esemplare di tamarindo). Il frutto somiglia ad un baccello dei legumi e il gusto si avvicina a quello asprigno ma rinfrescante del limone; di questo se ne consuma la polpa che a seconda della sua maturazione può essere più acerba o più dolce e quindi può essere aggiunto sia nelle preparazioni salate che nei dessert; lo troverete anche tra gli ingredienti della famosa salsa Worcester. Altri importanti usi invece li troviamo nel campo della medicina, esso infatti regola l'intestino e nella cure ayurvediche è utilizzato contro la gastrite, la cattiva digestione e il mal di denti. Il tamarindo per tutti gli aspetti è quindi un frutto buono ma in realtà, come suggerito dalla mia dolce Vaty, volevo dare qualche delucidazione sulla pasta che se ne produce. La pasta di tamarindo non è altro che una purea ottenuta dai frutti, comprensivi dei gusci e dei semi,  dapprima ammorbiditi in acqua tiepida per circa 15/20 minuti e poi spremuti con le mani, separandone successivamente le parti più dure (questa ovviamente è la ricetta originale, non penso che in commercio si trovi la pasta di tamarindo pressata a mano). La pasta così ottenuta diventa una sorta di spezia utilizzata soprattutto nella cucina indiana e thailandese. A casa ho sia la pasta che i frutti integri e da un po'mi dico che devo impiegarli in qualche ricettina (pensavo ad un riso), nel frattempo se in qualche negozietto di alimentari etnici, avete trovato la pasta di tamarindo, vi suggerisco di provare una delle ricette thai più tipiche, il Pad Thai - grazie Vaty per il tuo prezioso contributo ;) 

           http://en.wikipedia.org
           http://caribbeanpot.com

Tamarindo


Pasta di tamarindo


Tapioca: la prima volta che l'ho acquistata è stato parecchio tempo addietro, senza sapere cosa fosse (cosa che ahimé, capita spesso), poi mi sono imbattuta in un vecchio post di Sigrid, de "Il cavoletto di Bruxelles" e ho quindi potuto scoprire come utilizzarla.
In realtà le perle di tapioca non sono solo delle piccole palline commestibili e gelatinose in grado di mettere allegria ai piatti, si tratta invece dell'amido della manioca, anch'essa, come la patata, una pianta originaria del Sud-America della quale viene utilizzato il tubero. Per le sue altissime proprietà nutritive, viene usata per lo svezzamento dei bambini ed è una delle maggiori fonti di sostentamento per molte popolazioni africane. Nella cucina occidentale è utilizzatissima come addensante, difatti può sostituire senza problemi la fecola di patate o l'amido di mais e come questi, è priva di glutine.
Da evidenziare inoltre, è senz'altro l'assenza totale di odore e sapore, per questo, per realizzare delle curiose ricette con le perle di tapioca, è necessario unire degli altri alimenti come frutta, succhi, sciroppi o aromi.
Vi dirò di più, di sicuro vi sarà capitato di mangiare le cosiddette "nuvole di drago" che i ristoranti cinesi sono soliti servire come entrée, qualcuno magari avrà pensato siano delle patatine o simili,  invece no, le nuvole di drago sono frutto di una preparazione a base di frutti di mare e appunto, farina di tapioca.

Fonti: http://it.wikipedia.org/wiki/Tapioca
Foto:  http://it.wikipedia.org/wiki/Nuvole_di_drago
           http://www.123rf.com/photo_9419002_white-tapioca-pearls.html

Perle di tapioca

Nuvole di drago



New England Clams Chowder: di versioni ne esistono parecchie ma comunque, in tutte, è previsto l'utilizzo delle vongole fresche, la mia è senza dubbio una versione più veloce e pratica ma credetemi che comunque gusterete una delle zuppe più buone che avete mai mangiato.

Pur essendo una delle zuppe più famose d'America, la zuppa di vongole del New England ha origini europee, per la precisione francesi e infatti in alcuni testi si legge che già nel XVI secolo i pescatori francesi cucinavo questa zuppa nei loro chaudières (calderoni), parola dalla quale trarrebbe origine il termine chowder. All'epoca le zuppe di pesce erano considerate dei piatti poveri, fatte con quello che il mare e la terra offriva giornalmente, più l'aggiunta di  qualche salume e dei crackers, i famosi oyster crackers che prenderebbero il nome dal fatto che venivano serviti in abbinamento ai piatti di ostriche o appunto alla clams chowder. Dalla Francia, alla Gran Bretagna e dalla Gran Bretagna all'America, le prime notizie della diffusione di questa zuppa nel suolo americano risalgono al 1732 ma solo un secolo dopo la New England clams chowder iniziò ad acquisire popolarità, questo grazie all'ottima qualità di molluschi disponibili.

Come scritto sopra, esistono differenti versioni di questa zuppa ma quella originale ammette esclusivamente l'aggiunta di latte o panna, pensate che nel 1939, un purista del Maine, dichiarò come illegale l'aggiunta di pomodoro nella zuppa di vongole.

Fonti: http://latuanewyork.com/documents/RECIPECLAMCHOWDER.pdf
       http://multiculturalcookingnetwork.com/recipes/item/1181-history-of-new-england-clam-chowder.html
       http://en.wikipedia.org/wiki/Oyster_cracker


Bánh tráng: sottilissime cialde di riso originarie della cucina vietnamita ma diffusesi in gran parte dell'oriente a causa della diaspora vietnamita conseguita dopo la caduta di Saigon nel 1975. Sono ultilizzati per involtini o altri street food locali e vengono consumati secchi, fritti, al forno o semplicemente ammollati in acqua. Anche se la descrizione più comune è "fogli di carta di riso" è doveroso far notare che spesso i produttori sostituiscono in parte, o tutto, il riso con la tapioca, questo perché l'utilizizzo di quest'ultima, permette la realizzazione di un prodotto più leggero, più conservabile e soprattutto meno soggetto a rotture durante il trasposto. A seconda delle zone vengono chiamate in due maniere: bánh tráng a sud e, bánh đa nem nel Vietnam del nord. Ne esistono di varie forme, di varie consistenze e di vari tipi a seconda dell'ingrediente aromatico aggiunto:
  • Bánh tráng rế, con fagioli verdi, solitamente usati per i fritti
  • Bánh tráng me, con tapioca e semi di sesamo
  • Bánh tráng tôm me, con semi di sesamo e gamberetti secchi
  • Bánh tráng sữa, con l'aggiunta di latte
  • Bánh tráng chuối, aromatizzati alla banana
  • Bánh tráng dừa, con latte di cocco, zucchero e semi di sesamo
La prepazione bánh tráng classici è invece semplicemente a base di riso (o tapioca o una miscela di entrambi) acqua e sale.

Fonti: http://en.wikipedia.org/wiki/Banh_trang
Foto: http://ngoisao.net/tin-tuc/an-choi-xem/2012/04/dam-da-banh-trang-cuon-thit-heo-o-ha-noi-196218/
      http://banhtrangbaongoc.com/productdetail.php?id=99

Bánh tráng


Tahina: pasta di semi di sesamo tostati e macinati, utilizzata come ingrediente fondamentale in alcune ricette del medioriente come ad esempio i famosi falafel, o l'hummus ma viene adoperata anche nei dolci come nel caso dell' halva, una specie di torrone con mandorle e pistacchi.



Buttermilk, in italiano latticello,altro non è che il liquido di scarto successivo alla produzione del burro con la zangola. Sappiate però che in commercio è difficile trovare il vero latticello, infatti oggi è molto più semplice recuperare i surrogati realizzati aggiungendo al latte dei particolari batteri che attivano la fermentazione. Fondamentale è la sua acidità che permette una lievitazione migliore ai dolci, pane e pancakes; in America si usa anche per la marinatura delle carni (passaggio necessario nel caso del pollo fritto). In Italia è difficile da trovare ma se volete produrlo evitando di centrifugare la panna per creare il burro (qui Stella di Sale ci dà le istruzioni), potete emulsionare 1 parte di latte con 1 parte di yogurt naturale e un po' di succo di limone ... ovviamente questo non è latticello ma promette un risultato sul prodotto finale comunque molto valido. Se avete modo di farvi un giro nei paesi del nord Europa noterete quanto il latticello sia considerato una bevanda popolare, in effetti i benefici che ne trarrebbe la salute non sono pochi visto che, è ricco di minerali e vitamine, ripristina la flora batterica intestinale ed è ben tollerato anche da chi non digerisce il lattosio in quanto questo zucchero viene trasformato in acido lattico.

Fonti: http://www.unamericanaincucina.com/2011/11/buttermilk-latticello/
          http://it.wikipedia.org/wiki/Latticello
Foto: http://www.biosee.it/cgi-bin/scheda_prodotto.cgi?id=2340






Pizzoccheri valtellinesi: a tutelare il piatto principe della regione valtellinese da qualche anno esiste l'Accademia del Pizzocchero di Teglio che ha una volta per tutte tolto ogni dubbio sulla ricetta tradizionale. Per iniziare, la scelta del formaggio è fondamentale: altro non può essere che il Casera della Valtellina e c'è chi giura infatti che nemmeno la sostituzione con la Fontina possa avvinare il sapore a quello del piatto autentico. Importante è poi la lavorazione fatta a mano della pasta fatta di farina di grano saraceno e per quanto riguarda le verdure  ho scoperto che le patate sono indispensabili mentre le verze possono essere sostituite da altri prodotti stagionali disponibili nelle vallate della zona. Da non sottovalutare poi è il burro della Valtellina, meglio se d'Alpeggio!

Fonti: http://www.accademiadelpizzocchero.it/index.html


Pizzoccheri


2 commenti:

  1. buttermilk, nuova aggiunta! mi piace.
    mi piace proprio l'idea di questa pagina Vale! complimenti cara.

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  2. A questo punto ti invito a scrivere dello Yuzu o Limone giapponese, un agrume molto aromatico e quindi adatto ad essere impiegato in preparazioni più che ad un consumo come frutta, purtroppo si trova con una certa difficoltà in Europa, ma a chi capita d'imbattersi consiglio vivamente di provare, il sapore è sorprendente (come i piatti che mi preparava una mia ex davvero brava in cucina) e per chi è dotato un senso del gusto fino sarà interessante cogliere sfumature sensoriali sconosciute ai palati occidentali.

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